I vecchi autori di criminologia e psicopatologia forense erano usi
sostenere che l’epilessia doveva sempre essere sospettata in tutti i
casi di delitti violenti (omicidi, stragi, etc.) e particolarmente in tutti
i casi in cui sembrava essere in gioco una cosiddetta “furia
omicida”.
Nei vecchi trattati di medicina legale si trovava spesso la descrizione
di una costituzione psichica definita “epilettoide” per
indicare una sorta di tratto del carattere che predisponeva a questo tipo
di reati di violenza contro le persone.
Con il passare degli anni, però, diversi studi hanno cambiato
questi preconcetti. Uno studio scandinavo eseguito su circa un migliaio
di epilettici ha dimostrato che nei soggetti studiati non era possibile
dimostrare alcun aumento statisticamente significativo né di
condotte criminali, né di patologia mentale.Studi ancora
più recenti eseguiti nel Regno Unito hanno visto che i soggetti
epilettici erano leggermente più rappresentati nelle carceri, ma
questo dato significa semmai che era più facile che questo tipo di
individui potesse finire in carcere, non certo che questo tipo di
individui manifestassero maggiori condotte criminali. Questi risultati
sono stati confermati anche in studi italiani e francesi.
In ogni caso quando si andava a verificare le cause della carcerazione di
questi soggetti studiati si vedeva che non era possibile riscontrare nel
loro curriculum alcun aumento nella percentuale di reati violenti
rispetto alla media degli altri carcerati.
Possiamo quindi dire oggi che qualsiasi legame tra pericolosità
sociale ed epilessia deve essere letto solo come riferibile ad eventuali
patologie psichiatriche associate all’epilessia e non mai
all’epilessia in sé stessa.