Fabio Piccini, medico e psicoterapeuta Junghiano è responsabile del servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso la casa di cura "Malatesta Novello" di Cesena. Lavora privatamente a Rimini e a Chiavari. E-mail:
Domanda:
Come si cura la schizofrenia?Risposta:
Il trattamento della schizofrenia può apparire qualcosa di complesso ma bisogna rendersi conto che tutto ciò è funzione della gravità della malattia e dell’elevato rischio di disabilità residua (per l’individuo e per i suoi famigliari) che essa può causare qualora il trattamento non sia prontamente instaurato in maniera adeguata.
Il ricovero ospedaliero è spesso la prima prescrizione terapeutica. Ciò è motivato dal fatto che i sintomi floridi della malattia sono spesso associati a disturbi del comportamento che rendono necessario un elevato livello di controllo del paziente quale è possibile aversi solo in un ospedale. E’ però anche possibile che, qualora i sintomi del paziente non siano troppo gravi, la famiglia del paziente suffcientemente supportiva, e sia possibile un pronto accesso a delle buone strutture psichiatriche territoriali, il trattamento ospedaliero possa anche essere evitato.
Il supporto e l’informazione ai famigliari è un altro aspetto importante del trattamento della schizofrenia, in quanto, particolarmente se il paziente vive in famiglia, è importante per correggere pregiudizi e false credenze che sono sempre molto comuni, oltre che per aiutare la famiglia a gestire le problematiche del paziente.
Dato che almeno una metà dei pazienti che hanno un episodio acuto di schizofrenia esita in un qualche tipo di disabilità residua, dopo il ricovero ospedaliero è importante che il paziente possa essere inserito in un programma di riabilitazione psichiatrica che sia in grado di permettergli di recuperare al meglio le sue funzioni mentali, sociali e lavorative.(di solito la riabilitazione viene effettuata presso strutture di psichiatria territoriale che sono presenti presso tutte le USL).
E’ inoltre importante chei paziente continui ad assumere una appropriata terapia farmacologica per almeno altri due o tre anni dopo la fine dei sintomi dell’episodio acuto.